Il parere sulla tartuficoltura

Il parere del Prof. Mattia Bencivenga:

sulla Tartuficoltura

Dopo 40 anni di coltivazione dei tartufi, celebrati cinque congressi internazionali (tre in Italia 1968, 1988, 2008, uno in Francia 1999 e uno in Spagna 2013) e una miriade di convegni nazionali sui tartufi e la tartuficoltura, c’è ancora chi annuncia la scoperta della coltivazione dei tartufi.
Coltivare i tartufi presuppone esperienza nel produrre le piante tartufigene, nel valutare il sito idoneo di coltivazione e nell’indicare le corrette pratiche di coltivazione delle piante micorrizate in campo. Esperienza che si acquisisce con anni di lavoro in laboratorio, in vivaio e in campo.
L’associazione Pianta Tartufigena di Qualità raggruppa vivai che hanno una lunga esperienza di tartuficoltura, producono piante micorrizate di eccellente qualità e sono dotati di esperti che seguono i tartuficoltori dal momento della messa a dimora delle piante fino alla raccolta dei tartufi.
I vivai Azzato, Casadei (ex Raggi), Caterina e Micoplants, soci fondatori dell’associazione Pianta Tartufigena di Qualità, producono le piante micorrizate da tartufi pregiati da decenni ed hanno eseguito in proprio e/o in collaborazione ricerche sulle tecniche di micorrizazione, di coltivazione in campo delle piante tartufigene e sulle esigenze ecologiche delle varie specie di tartufo.
L’esperienza acquisita consente ai loro clienti di far realizzare tartufaie razionali e produttive.

sulla Pianta tartufigena certificata

Una pianta tartufigena certificata è ritenuta idonea alla coltivazione dei tartufi perché presenta tutti i caratteri richiesti dal Metodo di Controllo e Certificazione delle Piante Micorrizate
I vivaisti dell’Associazione Pianta Tartufigena di Qualità conoscono i rischi a cui va incontro una pianta tartufigena certificata dopo la sua collocazione a dimora e le diverse probabilità che essa diventi produttiva di tartufi. La mancanza di produzione spesso viene imputata alla pianta tartufigena e di conseguenza al vivaio che la ha prodotta. Per questo motivo i vivaisti dell’Associazione Pianta Tartufigena di Qualità esortano i propri clienti a far controllare le piante acquistate per verificare la loro qualità, nel contempo garantiscono la qualità della pianta micorrizata ma non la buona riuscita produttiva della medesima perché in campo può trovare vari ostacoli di sviluppo:

1 – Micorrize – Una pianta tartufigena di qualità possiede sempre una certa percentuale di apici radicali nudi cioè privi del tartufo con cui è in simbiosi. Questi apici quando si accrescono nel terreno possono incontrare spore o miceli di funghi autoctoni con cui unirsi in simbiosi limitando le possibilità produttive della pianta in oggetto. I funghi autoctoni possono essere molto più aggressivi del tartufo e sostituirsi completamente a questo annullando le buone qualità della pianta. Il rischio è elevato soprattutto nelle zone pedoclimatiche non idonee alla coltivazione di una data specie di tartufo e in quelle dove erano presenti alberi e/o arbusti ectomicorrizici.

2 – Terreno – Il terreno è decisivo nei confronti della futura produzione delle piante micorrizate. Oggi, per dichiarare un terreno idoneo ai fini della tartuficoltura, consideriamo i parametri analitici noti che purtroppo non sono sempre sufficienti per garantire la produzione di tartufi.
Alcune volte, ne deriva che terreni apparentemente simili si comportano in modo completamente differente nei confronti dello sviluppo dei tartufi.

3 – Clima – Il clima è determinante al pari della natura del terreno. Occorre considerare il microclima che si realizza nel sito d’impianto che può essere diverso dal clima generale della zona.

4 – Coltivazione – Per ogni tipo di terreno, per ogni specie di tartufo e per ogni pianta micorrizata deve essere studiata la migliore tecnica colturale: è chiaro che le variabili sono molte e altrettanti sono gli errori che si possono commettere.

Si conclude affermando che la pianta tartufigena di qualità estrinseca le proprie capacità produttive solo in ambienti pedoclimatici particolarmente idonei, impiantata secondo la giusta densità e sottoposta a razionali tecniche colturali. Quando qualche elemento non è pienamente soddisfatto la pianta tartufigena di qualità fornisce produzioni irrisorie o nulle.

 

sulla coltivazione del tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum Pico)

Da quando è iniziata la tartuficoltura i ricercatori e i tartuficoltori hanno sperato di poter coltivare la specie di tartufo più pregiata (Tuber magnatum Pico).
Tutti gli sforzi fatti in passato sono stati vani per la difficoltà di ottenere piante ben micorrizate con questo tartufo. Le piante inoculate con spore di tartufo bianco prodotte negli anni 80-90 e provviste di micorrize che allora si ritenevano di tartufo bianco, solo in qualche caso hanno prodotto qualche tartufo dovuto all’introduzione spontanea di propaguli di tartufo bianco presenti nel terreno.
L’avvento della biologia molecolare negli anni 90 ha svelato il mistero: le micorrize che ritenevamo di tartufo bianco erano prodotte da funghi estranei.
Nel 2018 presso Vivai Azzato, socio fondatore dell’Associazione Pianta Tartufigena di Qualità, sono state prodotte le prime piante micorrizate dal tartufo bianco: micorrize identificate con analisi morfologiche e biomolecolari.
La produzione di tali piante è proseguita nell’anno successivo e già sono in vendita piante ben micorrizate dal tartufo bianco e certificate dall’Università degli Studi di Perugia.
È probabile che, nel giro di pochi anni, anche gli altri vivai dell’Associazione si muniranno delle strutture necessarie per realizzare la simbiosi tra il tartufo bianco e vare piante simbionti.
Si è aperta, quindi, una nuova epoca che consentirà, nel giro di qualche anno, di esaudire le aspirazioni dei ricercatori e dei tartuficoltori che potranno raccogliere il pregiatissimo tartufo sotto piante che loro stessi hanno collocato a dimora negli anni precedenti.
Sono in corso prove sperimentali in campo per individuare le migliori tecniche colturali in relazione alle condizioni ambientali dei vari siti d’impianto.

sui Certificati di micorrizazione

i certificati di micorrizazione di lotti di piante tartufigene vengono emessi secondo le norme previste dal “ Metodo per il Controllo e la Certificazione delle Piante Micorrizate con Funghi del gen. Tuber” commissionato da otto Regioni Italiane italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Molise, Abruzzo) ad un gruppo di esperti in base all’esperienza maturata in anni di ricerche in laboratorio, in vivaio e in campo. Da oltre 15 anni in Umbria il metodo è stato integrato con analisi biomolecolare.
In questi ultimi tempi sono in circolazione certificati di micorrizazione di lotti di piante tartufigene con percentuali estremamente elevate (90 – 100%), significa che quasi la totalità degli apici radicali è in simbiosi con il tartufo.
Vorrei far rilevare che, dal punto di vista biologico, è molto difficile che una pianta tartufigena arrivi percentuali medie così alte perché:
– gli apici radicali che sono in simbiosi con il tartufo (apici micorrizati) non si possono accrescere perché bloccati dalla micoclena che incappuccia l’apice;
– ogni giovane pianta in accrescimento ha bisogno di una buona percentuale di apici in accrescimento parallelamente a quelli della parte aerea.
Tali percentuali medie di micorrizazione di lotti di piante, considerando l’esperienza professionale, sono alquanto rari, perché nei campioni prelevati in un lotto di piante si può trovare un esemplare con una micorrizazione del 70-80% ma sempre accompagnati da altre piante con micorrizazioni più basse riducendo notevolmente la media.
Nel certificato di micorrizazione, inoltre, non viene riportata la percentuale media di micorrizazione perché richiederebbe l’analisi di tutte le piante del lotto e la conseguente sua distruzione (l’analisi di una pianta è distruttiva).
Nei certificati, pertanto, viene riportata l’idoneità del lotto in funzione ai campioni esaminati.
I certificati che dichiarano una percentuale media di micorrizazione di un lotto di piante del 90-100% sono probabilmente forvianti e/o fraudolenti.

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